Fipe: l'impatto del coronavirus sui pubblici esercizi. Le imprese chiedono un piano

L'indagine Fipe sulla situazione dei pubblici esercizi ad aprile 2020 mostra un settore in enormi difficoltà, che necessità di interventi massicci per ripartire

7 Apr 2020 - 01:37
Fipe: l'impatto del coronavirus sui pubblici esercizi. Le imprese chiedono un piano
In questo momento in cui l'emergenza sanitaria causata dalla diffusione del COVID-19 va di pari passo con le difficoltà delle imprese e delle attività del nostro Paese, a causa delle misure contenitive, abbiamo bisogno anche di segnali positivi. Per questo Horecanews.it, tenendo fede al patto d'informazione con i suoi lettori, ha deciso di non fermare la normale programmazione ma di tenervi aggiornati sulle notizie del settore, anche per concedere un momento di svago dalle difficoltà del momento. La Fipe - Federazione Italiana Pubblici Esercizi ha effettuato un'indagine sulle imprese del turismo: bar, ristoranti, discoteche, stabilimenti balneari, catering. I danni per il settore sono incalcolabili e le imprese chiedono più liquidità e un piano che preveda il prima possibile la vendita dei cibi con asporto per risollevare l'economia. Un paese si è fermato e all’ombra dell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia coronavirus, c’è un esercito di micro e piccole imprese che si ritrova in mezzo a mille difficoltà perché il blocco totale dell’economia ha visto fermarsi “la loro economia”. Parliamo in particolare di bar, ristoranti, discoteche, stabilimenti balneari che oltre ad essere un luogo di servizio, di convivialità, di confronto, lo sono anche di lavoro e di produzione di ricchezza. Il pubblico esercizio è un comparto decisivo della filiera agroalimentare e del turismo non soltanto per il contributo fornito alla creazione di valore ma anche per essere un mercato di sbocco rilevante per le produzioni agroalimentari nazionali e fattore decisivo per l'attrattività del Paese. L’impatto del Coronavirus non si è limitato a un calo dei ricavi e dei margini di profitto delle imprese, ma ad effetti negativi sulla struttura finanziaria. Quello che più preoccupa, infatti, è l'incertezza sul futuro. Il momento è difficile, la situazione è in continua evoluzione e non sempre appaiono chiare le scelte del Governo, che restano motivo in più di angoscia per le imprese.

L'indagine Fipe sui pubblici esercizi ad aprile

 width= Le prime misure del Governo a cui ricorreranno le imprese, e qualcuna lo ha già fatto dove possibile, sono: la cassa integrazione in deroga (30,6%), la sospensione di prestiti e mutui (25,0%), la cassa integrazione/FIS (20,3%) e la sospensione del pagamento dei tributi (18,7%).  width= Ad oggi il 60% delle attività si svolge in locali in affitto e il 56% sta già avendo problemi nel pagamento del canone di locazione e per tale motivo è avvertito come una grande emergenza.  width= Il 96% delle imprese ritiene insufficienti i sostegni previsti dal Governo. In particolare avrebbero bisogno di disporre di liquidità immediata per coprire i mancati incassi, o poter accedere al credito con interessi zero o quantomeno agevolati, o che fossero annullati completamente il pagamento di tasse e contributi. Ad oggi l’85,5% delle imprese che potrebbero svolgere l'attività limitatamente al solo servizio di consegna a domicilio (principalmente ristoranti, pizzerie, pasticcerie) è completamente chiuso e il restante 14,5% sta cercando di reinventarsi il lavoro proprio mediante la consegna di cibo a domicilio (delivery), di questi il 6,3% si sta attivando per la Pasqua. La maggioranza (80%) svolge il servizio di consegna in proprio, avvalendosi dei dipendenti in forza che altrimenti sarebbero "a spasso". Il servizio per l’80% degli intervistati è poco o per nulla efficace sul piano economico ma d'altra parte per molti di coloro che lo hanno avviato gli obiettivi principali sono il mantenimento della relazione con i clienti e il personale e di non spegnere totalmente il motore dell'azienda.  width=

Clicca qui per scaricare l'indagine Fipe "Coronavirus: l'impatto sui pubblici esercizi"

Il commento del Presidente Lino Enrico Stoppani

Le imprese del turismo stanno morendo giorno dopo giorno: senza un’iniezione immediata di liquidità, un aiuto economico significativo e una prospettiva circa il rientro al lavoro, perderemo una componente fondamentale e qualificante dell’offerta turistica del Paese, nonché della filiera agroalimentare e della nostra tradizione enogastronomica, oltre che della nostra storia. Un’Italia senza i suoi ristoranti e i suoi locali, che costituiscono una rete diffusa, qualificata ed apprezzata, emblema della cucina e dello stile di vita italiano, l’Italia rischia di rimanere senza un’anima, molto più triste e certamente anche meno attrattiva”. Il Presidente di Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, Lino Enrico Stoppani, riassume così il pensiero di 300mila imprenditori di un settore che dà lavoro a 1 milione e duecentomila persone, che sviluppa un volume d’affari superiore agli 86 miliardi, con un valore aggiunto di 46 miliardi di euro. Una preoccupazione crescente, che corre di pari passo con la destabilizzazione dei bilanci, la crescente incertezza circa i tempi di riapertura dei pubblici esercizi, bar, ristoranti, pubblici esercizi e discoteche, il ritardo nell’emanazione e nell’attivazione di strumenti appropriati alla gravità del momento. “È evidente – sottolinea Stoppani – che la salute degli italiani e la loro sicurezza debba continuare ad essere la priorità assoluta, ma deve partire un confronto immediato tra Governo e rappresentanti delle categorie imprenditoriali e dei lavoratori per pensare a come e quando ripartire. L’unica strada è quella di una ripresa progressiva delle attività, con tutte le cautele sanitarie che servissero, a cominciare da quelle che offrono un servizio utile per i cittadini, rispettando le misure di distanziamento tra i cittadini e di protezione dei lavoratori. Comprendiamo pienamente la situazione, ma non possiamo restare chiusi ad oltranza o moriremo tutti per crisi economica. Così come accade per tutti gli altri attori della filiera agroalimentare, deve essere garantita almeno la possibilità di vendita con modalità di asporto. Non la somministrazione sul posto ma, assieme al delivery, la vendita take away dei nostri prodotti. È solo un esempio, ma è indispensabile cominciare a ridare speranza, dignità e futuro a migliaia di imprenditori.”
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