Pizza, un giro d’affari da 30 miliardi l’anno

17 Dic 2018 - 04:33
Napoli in festa per celebrare il primo anniversario del riconoscimento da parte dell'Unesco dell'"Arte dei Pizzaiuoli napoletani" iscritta nel patrimonio immateriale culturale dell'umanità. Una manifestazione di orgoglio tutto partenopeo che ha coinvolto turisti e cittadini con cori, canti e degustazioni del prodotto simbolo del Made in Italy e della dieta mediterranea, nell'area di via Chiaia, nei pressi della storica pizzeria Brandi dove è nata la pizza margherita. Secondo Coldiretti la sola iscrizione dell'arte dei pizzaioli nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco, ha prodotto un aumento del 7% delle presenze turistiche in Campania nel 2018 soprattutto di stranieri che si aggiungono ai flussi storici di inglesi, americani, tedeschi e francesi, di vacanzieri originari di Paesi quali Cina, Russia e Argentina, particolarmente golosi della tradizione enogastronomica italiana. Coldiretti ha poi reso noto il giro d'affari del comparto pizza che nel 2018 è cresciuto su valori superiori ai 30 miliardi l'anno che corrispondono a un fatturato stimato in 15 miliardi. Dopo il riconoscimento Unesco si contano 127.000 pizzerie nel 2018 rispetto alle 125.300 censite nel 2015 con la Campania che, precisa la Coldiretti, è la regione che ha il maggior numero di attività legate alla pizza, con il 16% sul totale delle pizzerie (e simili). Una crescita che sostiene l’occupazione stimata dalla Coldiretti nel 2018 di 100.000 addetti a tempo pieno e di altrettanti 100.000 occasionali nel fine settimana. L’impatto dei circa 5 milioni di pizze sfornate al giorno, conclude la Coldiretti, si fa sentire anche sulla produzione agroalimentare in termini di ingredienti utilizzati durante tutto l’anno, con circa 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro che, anche per la spinta del riconoscimento Unesco, è stata tutelata nel 2018 dall’obbligo di indicare l’origine in etichetta, per impedire che vengano spacciati prodotti importati come Made in Italy.
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