In Piemonte 1 locale su 4 non riaprirà. Anche Sorbillo rinuncia all'inaugurazione

In Piemonte, una delle regioni più colpite dall'emergenza sanitaria, un quarto degli associati Confimprese non potrà riaprire nella Fase 2. Anche le inaugurazioni di nuovi locali sono ferme, Sorbillo non aprirà a Torino.

14 Apr 2020 - 01:36
In Piemonte 1 locale su 4 non riaprirà. Anche Sorbillo rinuncia all'inaugurazione
In questo momento in cui l'emergenza sanitaria causata dalla diffusione del COVID-19 va di pari passo con le difficoltà delle imprese e delle attività del nostro Paese, a causa delle misure contenitive, abbiamo bisogno anche di segnali positivi. Per questo Horecanews.it, tenendo fede al patto d'informazione con i suoi lettori, ha deciso di non fermare la normale programmazione ma di tenervi aggiornati sulle notizie del settore, anche per concedere un momento di svago dalle difficoltà del momento. In Piemonte, come nel resto d’Italia, il commercio è in ginocchio. Il Centro studi Confimprese ha elaborato un sondaggio sulla base associativa, rappresentativa di 350 brand commerciali, 40mila punti vendita e 700mila addetti, in merito alla riapertura delle attività commerciali e alla relativa salvaguardia dei posti di lavoro in Piemonte, dove le aziende associate aprono una media di 40 negozi l’anno, di cui due terzi nel food e ristorazione. Anche Gino Sorbillo, un nome più che conosciuto nel mondo delle pizzerie, rinuncia all'apertura di un locale a Torino. Era previsto che il nuovo locale fosse inaugurato in primavera, ma "non ci sono più le condizioni per pensare a nuovi investimenti, almeno non a breve termine", commenta l'imprenditore napoletano. "Abbiamo perso il 95% dei fatturati in un solo mese – afferma Mario Resca, presidente Confimprese –. A seconda della tipologia merceologica e dell’ampiezza dei negozi la flessione degli incassi va da 100mila a 4 milioni di euro. Il commercio è al tracollo con costi fissi di personale, materie prime, affitti, utenze da pagare e zero incassi. In Piemonte il 23,5% dei nostri associati dichiara di non potere più aprire nella fase 2 del Coronavirus, il 29,5% conta di riaprire, mentre il 47% non lo sa ancora. Colpa dell’incertezza che non permette di fare programmi a breve termine e che lascia una zona d’ombra che, solo con il riavvio delle attività commerciali, potrà essere sciolta". Resta aperto il tema canoni. "L’onda dell’emergenza Covid-19 sarà lunga – prosegue Resca – . A fronte di un dato regionale così drammatico che rispecchia la situazione del commercio in tutta Italia, la base associativa ci ha dato mandato per richiedere un provvedimento legislativo per la variabilizzazione dei canoni d’affitto sia nei centri commerciali sia nei centri città/periferici. Chiederemo la sospensione dei pagamenti fino a dicembre 2020 e una successiva rinegoziazione di canoni calmierati, possibilmente solo sulla percentuale del fatturato fino a quando il mercato non si riprende. Quanto ai landlord, cioè i proprietari degli immobili, dovranno potere usufruire di benefici fiscali introducendo un meccanismo mirato sia ad evitare la tassazione ordinaria dei canoni non percepiti sia sgravi fiscali, mediante credito d’imposta, proporzionali ai canoni non corrisposti". Nei centri commerciali si usa la formula dell’affitto del ramo d’azienda che non ha i benefici del credito d’imposta al 60 per cento. Questa misura, contenuta nell’art. 65 del Cura Italia, è una discriminante tra i retailer che operano con contratto di ramo d’azienda, applicato generalmente dai proprietari dei centri commerciali, e coloro che operano nelle città con un contratto che permette di accedere al credito d’imposta. Confimprese ritiene che la norma vada emendata tenendo conto che il commercio, che è già in ginocchio, non abbia bisogno di fare distinzioni tra chi opera in un centro commerciale e chi nei centri cittadini. Sarebbe opportuno introdurre a regime e riproporre anche per il 2020 la cedolare secca sulle locazioni degli immobili ad uso commerciale, finalizzando questa misura agevolativa non solo alla riduzione del prelievo fiscale a carico del locatore dell’immobile, ma anche alla riduzione dei canoni di locazione corrisposti dal conduttore.
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