Fipe propone alcune correzioni al DL Ristori per salvare la ristorazione

Fipe ha proposto al Senato i correttivi al decreto Ristori che secondo la Federazione sono necessari per salvare le imprese della ristorazione.

9 Nov 2020 - 00:38
Fipe propone alcune correzioni al DL Ristori per salvare la ristorazione
Alzare il coefficiente di moltiplicazione per il calcolo dei contributi destinati alle imprese della ristorazione e di intrattenimento, a cominciare da quelle che operano nelle zone rosse e arancioni, ulteriori settimane di Cassa Integrazione e liquidità a lungo termine. Sono questi alcuni dei principali correttivi al decreto Ristori messi in fila dal Direttore generale di Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, Roberto Calugi, nel corso dell’audizione davanti alle Commissioni riunite Finanza e Bilancio del Senato. https://youtu.be/4sk7dVflUlI Correttivi necessari per arginare lo tsunami che si è abbattuto sui Pubblici Esercizi negli ultimi nove mesi: mentre in epoca pre-Covid il mondo della ristorazione e dell’intrattenimento contava 330mila imprese, 1,3 milioni di addetti e 90 miliardi di euro di fatturato, il 2020 è destinato a chiudersi con una perdita del 27%, pari a 26 miliardi di euro senza contare le restrizioni imposte dal nuovo DPCM. “Troppo spesso – ha detto Calugi - le nostre imprese sono ritenute attività non essenziali. Noi rigettiamo con forza quest’impostazione che troviamo profondamente sbagliata nel merito. Per far sopravvivere il settore, serve un cambio di paradigma”. Secondo Calugi, a cominciare da due aspetti essenziali: il credito e le locazioni. In ordine al primo “Serve un patto con il sistema bancario per la liquidità delle imprese e serve subito – ha concluso il Dg di Fipe - Va spalmato il debito contratto nel 2020 in un arco temporale lungo, di almeno 20 anni con un preammortamento di almeno 24 o 36 mesi, che permetta alle imprese che sono oggi in stato prefallimentare di uscire dalle macerie e rialzarsi”. Con riferimento al secondo. “Non abbiamo remore a dire che gli imprenditori di questo settore non sono più in grado di sostenere i costi degli affitti che sono balzati dal 10% al 30% come incidenza del fatturato - ha detto Calugi -. O si interviene con una misura “ad hoc” o i tribunali sono destinati a ingolfarsi di contenziosi”. Una cosa è certa secondo Fipe, "lo strumento del credito d’imposta si sta rivelando zoppo, pur essendo cedibile le banche non sono interessate a prenderlo. Inoltre sta emergendo un problema sull’affidabilità del settore, nonostante le garanzie di Stato, alcuni istituti di credito richiedono fidejussioni accessorie per concedere linee di finanziamento". [contact-form-7 id="1103" title="Form Articoli"]
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