Consumi e stili di vita degli italiani. Cosa rivela il nuovo Rapporto Coop 2021

Una nuova normalità si delinea alla fine dell’emergenza sanitaria. Nuovi stili alimentari, di vita e affettivi emergono dal Rapporto Coop 2021

8 Sett 2021 - 06:55
Consumi e stili di vita degli italiani. Cosa rivela il nuovo Rapporto Coop 2021
Presentata l’anteprima digitale del “Rapporto Coop 2021 – Economia, Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto di analisi di Nielsen e i contributi originali di Gfk, Gs1-Osservatorio Immagino, Iri Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, Npd, Crif, Tetra Pak Italia. L’edizione 2021 del Rapporto è tutta orientata a descrivere la situazione della nuova realtà post Covid.  width=

Le inquietudini del presente e la nuova forma del futuro

“Io penso positivo” è il nuovo mood per quasi 7 italiani su 10 e torna anche la fiducia nel prossimo (lo afferma il 41% rispetto al 19% di quattro anni fa), a partire dalla famiglia e dagli affetti più stretti. Il nuovo “think positive” degli italiani dipende dalla rinnovata consapevolezza “delle cose importanti della vita” (45% degli intervistati) piuttosto che da un concreto cambiamento delle proprie condizioni di vita. Restano tuttavia profonde le ferite fisiche e mentali della pandemia, l’inquietudine da long Covid ha generato ansia, insonnia, depressione e disturbi alimentari. (si stima in 10 miliardi il costo totale solo per il trattamento delle sindromi depressive generate dalla pandemia).  width=Inoltre, si moltiplicano le povertà, sono 27 milioni gli italiani che ancora nel 2021 hanno vissuto rinunce e disagi quotidiani, 18 milioni coloro che ne prevedono il perdurare nel tempo e 5 milioni coloro che temono il protrarsi di sacrifici, anche in ambito alimentare Anche per questo, al crescente ottimismo degli italiani e alla nuova fascinazione estera per il nostro Paese, non corrisponderà nell’immediato una altrettanto rapida ripresa dei consumi.  width= width=Secondo la maggioranza degli esperti, l’Italia raggiungerà i livelli pre Covid solo nel 2023 (lo afferma il 43% degli executive ) e  infatti nel 2022 il 28% degli italiani prevede di avere un livello di spesa ancora inferiore rispetto al 2019: sono soprattutto cassaintegrati, giovani e donne. D’altronde in quell’auspicato rimbalzo in avanti del nostro Paese, a rimanere al palo è proprio l’occupazione (è troppo lenta la sua crescita, nel primo semestre 2021 fa segnare un +1,8%) e anche se le previsioni sono migliorative bisognerà vedere che lavoro sarà: secondo il campione il rischio è che a crescere saranno soprattutto la sottoccupazione (59%), il lavoro in nero (50%), i gap generazionali (51%).

L'ambiente e la salute siedono a tavola

Specchio e metafora dei cambiamenti degli italiani, il cibo esce profondamente trasformato dalla pandemia e si colora di verde.  width= width=1 italiano su 2 ha cambiato le proprie consuetudini alimentari, chi indulgendo nel conforto alimentare (sono il 23% coloro che hanno preso peso – in media + 5,8 kg) e chi approfittandone per una dieta più equilibrata e salutare (15% quelli che hanno perso peso in media –7,1 kg).  width= width=Se solo il 18% non si riconosce in alcuna cultura alimentare e il 24% fa riferimento solo alla dieta mediterranea, oltre la metà degli italiani si riconosce anche o esclusivamente in altre identità alimentari (bio, veg&veg, gourmet, iperproteici e low carbs), ma la vera novità del 2021 è la comparsa della nuova tribù dei climatariani, ovvero di coloro (1 italiano su 6) che dichiarano di adeguare il proprio regime alimentare per ridurre l’impatto ambientale. E comunque l’ambiente diventa riferimento di molti italiani; l’88% associa al cibo il concetto di sostenibilità che significa per il 33% avere un metodo di produzione rispettoso, per un altro 33% attenzione agli imballaggi, per il 21% è sinonimo di origine e filiera e per il 9% di responsabilità etica.  width=  width= Così, il 13% sta riducendo il consumo di carne (i cosiddetti reducetariani), si preferiscono prodotti locali e di stagione, i veg sono consumati anche da chi cerca solo una alternativa proteica alla carne e raddoppiano le vendite di proposte vegane di nuova generazione (le bevande, le besciamelle, i piatti pronti). E non è un caso che gli italiani riconoscano nel riscaldamento climatico il principale fattore di cambiamento del cibo del futuro, sia prevedendone una maggiore scarsità a causa del climate change (26%), sia immaginando che per salvare il clima occorrerà cambiare la nostra alimentazione (32%). Per gli italiani un aiuto verrà dalla scienza e dalla tecnologia (26%) e in questo senso tra le new entry sulle tavole degli italiani da qui a 10 anni ci sono cibi vegetali con il sapore di carne, a base di alghe, farina di insetti e anche la carne coltivata in vitro. In realtà la food revolution è già in corso. Gli investimenti nel solo 2020 in cibi e bevande di prossima generazione ammontano a 6,2 miliardi.   Un altro grande driver di scelta, anch’esso potenziato dall’effetto pandemia, è sicuramente la ricerca attraverso il cibo di un maggior benessere e  l’83% dei nostri connazionali si dichiara disposto a spendere di più pur di acquistare prodotti con qualità certificata (dopo di noi l’80% dei cinesi e solo dopo europei e statunitensi).  width= width= width=Non cessa d’altronde il successo di segmenti di mercato come il free-from, il rich-in, gli stessi dove è spesso il prodotto a marchio a rispondere meglio e con maggiore rapidità dei brand leader. Il crescente benessere spiega anche la maggiore attenzione che gli italiani prestano all’etichetta; così le indicazioni sull’origine e la provenienza del cibo sono determinanti per l’acquisto per il 39% degli italiani, per il 28% lo sono i valori nutrizionali e a seguire il metodo di produzione (per il 26%).  width= width=In sostanza, gli italiani sembrano prestare attenzione crescente ai contenuti intrinseci dei prodotti e sempre meno delegano le loro scelte ad una incondizionata fiducia verso il brand e sono sempre meno disposti a pagare per i contenuti  di pura immagine. Un fenomeno questo del progressivo declino della marca che continua da tempo, reso evidente non solo dall’avvento dei discount (oggi il 20% delle vendite Gdo)  ma anche dalla crisi negli altri canali della distribuzione moderna (dal 2013 ad oggi la perdita di quota delle grandi marche è pari a un -9%) controbilanciato dalla Mdd (un +9% nello stesso lasso di tempo) e anche dai piccoli produttori (+3%), evidentemente più rapidi nell’intercettare le nuove mutevoli esigenze dei consumatori.

Clicca sull'immagine e scarica il Rapporto Coop 2021

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