Airbnb: è ancora scontro sulle normative regionali

1 Giu 2018 - 04:46
Airbnb: è ancora scontro sulle normative regionali
Non si arrestano le tensioni in Italia tra Airbnb e le Regioni. Negli ultimi giorni sono state numerose le notizie riportate dalla stampa riguardo le nuove normative da mettere in atto per regolamentare l’attività della piattaforma online che talvolta non hanno messo d'accordo la divisione Italia del portale e le istituzioni locali. Airbnb, com'è risaputo, funge da intermediario per affitti turistici a breve termine di appartamenti (il portale si è però recentemente allargato fino a includere anche hotel con specifiche caratteristiche), ma la cosa è molto più complessa di ciò che può sembrare. Dal momento che l’affittuario ricava profitto da questa operazione, sono moltissime le controversie e i dubbi portati avanti soprattutto dalle associazioni legate al mondo dell’ospitalità che, a discapito dei “privati” che mettono in fitto la propria casa su Airbnb, sono sottoposti a normative rigide e a un determinato regime fiscale. A gran voce le associazioni, e prima tra tutte Federalberghi, hanno chiesto una regolamentazione chiara e trasparente per equiparare questo tipo di strutture agli alberghi. Nonostante l’Italia abbia tentato di imporre una cedolare secca (provvedimento al quale Airbnb ha fatto ricorso al Tar del Lazio), la situazione non ha attualmente una soluzione univoca e nazionale, ma viene regolata a livello regionale dalle amministrazioni. Non basta, quindi, registrarsi sulla piattaforma per poter ospitare visitatori e ogni Regione si regola in maniera diversa: in alcuni casi, Airbnb versa per il proprietario della residenza la tassa di soggiorno al Comune; in altre regioni per non incorrere in multe, bisogna registrarsi presso l'ufficio comunale e ottenere il certificato; in altre, come si legge dal regolamento stesso di Airbnb, sono vietati alcuni tipi di soggiorni brevi. Airbnb La complessità della situazione non ha però scoraggiato la società. L’Italia, come ricorda in un’intervista rilasciata da Matteo Frigerio, country manger Italia del portale è il terzo paese al mondo per numero di annunci pubblicati dagli Host (gli affittuari). Proprio per non deteriorare questa “allenza” e saldare più fortemente questo rapporto, la piattaforma sta lavorando a livello locale con le istituzioni, creando legami con il territorio e venendo incontro alle esigenze e normative dei Comuni, anche se non sempre si riesce a giungere facilmente a una soluzione. A Lucca in Toscana, il Comune in accordo con Airbnb ha modificato il regolamento cittadino, eliminando la distinzione tra alta e bassa stagione e prelevando una tassa di soggiorno uguale per ogni periodo dell’anno; in Piemonte, invece, raggiungere un accordo tra la piattaforma californiana e le istituzioni si sta rivelando più complesso. Come riportano diverse fonti, il nuovo codice che regolamenta le attività extra-alberghiere prevede una registrazione dell’host al seguito della quale viene rilasciato un codice identificativo, valido per la pubblicazione di annunci sulle piattaforme online al fine di aumentare la trasparenza e far emergere gli irregolari. Questa soluzione non piace ai proprietari di case e nemmeno ad Airbnb, che prevede con questa normativa solo un aumento spropositato della burocrazia senza risolvere il problema degli irregolari, poiché questi potrebbero far ricorso a codici falsi. La vicenda è ancora aperta e si attende un parere della Corte Costituzionale per raggiungere una soluzione della controversia in Piemonte. Si auspica che Airbnb continui a collaborare con le istituzioni per sciogliere la complessità di queste normative e stabilire regole più lineari per tutto il settore dell’ospitalità.
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